Il copy, manovale della scrittura

Addetti ai lavori e non addetti ai lavori non fanno altro che dire che il linguaggio di Internet deve essere semplice, chiaro e breve. Che bisogna usare la paratassi, frasi brevi, pause. Che bisogna andare dritti al punto e condurre l’utente all’azione. Ma si sa, le caratteristiche della comunicazione in rete prevedono che gli utenti vengano messi nella condizione di comprendere, di trovare rapidamente ciò che cercano e, perchè no, di conoscersi.
Nel corso degli anni internet è andato evolvendosi, assumendo facce differendosi, inglobando realtà nuove, soddisfando esigenze d’uso differenti. Ciò significa che ciascuno di noi usa internet per fare qualcosa di suo interesse: scaricare contenuti audio e video, scrivere email, consultare un’enciclopedia virtuale, fare acquisti.

Fare acquisti. Ecco la chiave dell’internet di oggi. Alla luce delle mie esperienze personali e professionali ritengo che la maggior parte dei nuovi siti web siano tutti orientati alla vendita di qualcosa, a scapito di un iternet editoriale, d’informazione o di intrattenimento, che veste un ruolo secondario e che spesso nasconde ugualmente fini di vendita.

Alla luce di queste osservazioni, è facile comprendere come il copy – o responsabile del web content, per la precisione – si trovi spesso a dover realizzare ipertesti orientati al posizionamento sui motori ed alla persuasione dell’utente. Un inquietante mix di parole chiave e call to action che quasi non definirei nemmeno scrittura. Ma che dà i suoi frutti. Ed è questo quello che conta.
In questo momento storico della rete – che già dà i primi segni di cedimento, lasciando spazio ad altre forme di business online virtuali (penso al boom di Second Life) – il copy si è trasformato quindi in un manovale della scrittura.

Allora io mi chiedo: perchè non integrare forme di scrittura gradevole e creativa alle esigenze di una rete sempre più orientata al business? Perchè non sforzarsi di realizzare copy originali nonostante tutto? Perchè si fa sempre prima a scopiazzare in giro degradando la qualità del prodotto finale, alla faccia del diritto d’autore? Perchè solo quando lavoriamo in pubblicità (offline) ci sforziamo di tirare fuori il creativo che c’è in noi?

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La penna stilografica riporta con la mente ai tempi passati, quando scrivere era prima di tutto un piacere. Penso al piacere di tenere una corrispondenza, un diario, di annotare un pensiero…cose che ormai purtroppo non esistono più.

Credo che chi fa l’internet – non chi lo commissiona, ma chi lo fa realmente – dovrebbe sforzarsi di mettere la sua professionalità e la sua creatività al servizio non del committente, ma di internet stesso, in quanto mezzo di comunicazione che dovremmo sforzarci tutti a non trasformare in un minestrone di testi girati e rigirati ma sempre uguali nella forma e nella sostanza.

Insomma, basta con le “aziende leader nel settore”: un pò di originalità non ha mai fatto male a nessuno!

Scritto da Ilaria Scremin