Le 5 generazioni della pubblicità

Ecco il secondo di una serie di cinque articoli dedicati alla pubblicità

CocaCola

Questa serie di articoli è ripresa da quella che ho scritto nel 1992 per DORLAND NEWS, l’house organ di DORLAND-AYER, la più grossa agenzia per la quale ho lavorato, house organ di cui avrei assunto la gestione operativa alcuni mesi più tardi.

Lo scopo non è tanto quello di ripercorrere le tappe storiche della comunicazione di impresa, quanto piuttosto di capire il perché e il come di una evoluzione a valanga.

La seconda generazione: la “Pubblicità scientifica”, o della persuasione

Gii psicologi

Proprio in questo periodo (1880-1910) alcuni esperti di scuola behaviorista, in particolare John B. Watson e Walter Dill Scott, cercando delle applicazioni pratiche per la allora nascente psicologia, definiscono i primi parametri di una pubblicità meno aleatoria e con un ritorno più prevedibile.

Pubblicità Liberty

Anche in Europa, mentre le prime agenzie pubblicitarie americane (J. Walter Thompson, BBDO) sbarcano a Londra, si hanno i primi esempi di pubblicità moderna, con annunci stampa, più che altro a tutto testo, e con i classici manifesti in stile Liberty di Alfons Mucha piuttosto che del nostro Marcello Dudovich. I contenuti sono essenzialmente informativi: il prodotto, frutto della capacità produttiva piuttosto che del soddisfacimento di necessità specifiche, si vende se il consumatore è al corrente della sua esistenza, e questo è ritenuto sufficiente a soddisfare le potenzialità produttive di industriali piccoli e meno piccoli. Non esiste alcuna strategia di mercato, oppure, se ne esiste un abbozzo, lo scopo è esclusivamente quello di saturare il mercato per impedire l’ingresso alla concorrenza.

Ma è solo con la prima guerra mondiale, che crea le premesse per una pianificazione della produzione nel lungo periodo e che porta i prodotti a nuove fasce di consumo (dai governi, committenti di forniture militari ai cittadini-soldati, in molti paesi per la prima volta nella storia soggetti alla leva di massa, secondo i nuovi concetti politico-strategici) che le industrie europee hanno l’occasione di svilupparsi a livello nazionale e, a guerra finita, è per evitare drastiche riduzioni della produzione e ristrutturazioni economicamente disastrose che avviene la prima penetrazione globale sui mercati nazionali, e questo, malgrado le pesantissima situazione economica.

I

Alla stampa e alle affissioni si affiancano altri due media, il cinema e la radio. Tra l’altro, essi presentano un pregio non indifferente ai fini della comunicazione d’impresa: permettono, a parità di costi, una più efficace veicolazione del messaggio. Assistiamo, infatti, nel primo dopoguerra, ad un’evoluzione concettuale della “réclame”. Essa, adesso, non ha più solo la pretesa di informare, ma si pone il ben più ambizioso scopo di convincere i consumatori ad acquistare i prodotti dei quali parla; la pubblicità deve vendere! Ed è sempre negli Stati Uniti che, in questo periodo si ha la nascita di nuove tecniche di marketing, quali le ricerche quantitative di Gorge Gallup e la “Pubblicità Scientifica” di Claude Hopkins.

In pratica si tratta di definire la tipologia dei consumatori, la loro quantità, e i motivi palesi che li spingono all’acquisto. Si tratta anche di verificare che il messaggio pubblicitario, qualunque sia il mezzo attraverso il quale viene veicolato, abbia l’efficacia e la diffusione previste nella pianificazione e che il ritorno in termini di audience sia quantificabile in unità; nascono così i copy-test e il concetti di costo contatto e di C.P.M (costo per mille). Date le premesse politico-sociali europee, tali innovazioni non hanno però ancora alcuna diffusione diffusione nel vecchio continente.

Verificate anche su The Advertising Century di Advertising Age.

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