Google è vecchio, anzi è giovane

google_giovane.jpgIl magazine Fortune ha forzato un po’ la mano sul titolo: “Google: The search party is over”. L’articolo mette in luce come il colosso di Mountain View sia ormai costretto a prendere sul serio i nuovi social. Ripassare mentalmente in rassegna i tentativi di approccio social di Google in effetti, mi ha fatto un po’ di tenerezza: da Google Answers, a Orkut a Knol, passando per Google Lively fino a giungere a Google Buzz… ormai cominciano ad essere tanti i test andati a vuoto.

Sembra che Google sia ingegneristicamente un passo avanti a tutti, mentre sul lato social non abbia ancora messo a fuoco una strategia precisa. Ora, al di là di tutte le considerazioni economiche che trovate poi nell’articolo citato, e che non sto a ripetervi a pappagallo, facciamo qualche riflessione sulla supposta “vecchiaia” di Google.

Oggi se dici “nuovo” in riferimento al web pensi senz’altro ai social network, puoi non amarli, non condividerli (non condividere il social network è il massimo dello snob), ma è inutile remare contro: la tendenza generale è quella. Lì vanno gli utenti e gli investimenti delle aziende, soprattutto quelle internazionali. Se oggi proponi adwords o seo ad aziende di alto livello, la domanda che ti pongono è “ma facebook no?”.  Poi magari si fermano per problemi legali, ma tanto il pensiero è sempre lì, ed è lì che alcuni  web marketing manager avvertono di essere assenti, di non potere “purtroppo” essere presenti. Forse stanno capendo qualcosa che già si sapeva ma che a qualcuno sfugge ancora: il brand ha il suo valore, che spesso supera quello del prodotto venduto.

Ora, per quanto riguarda Google, siamo abituati a sentire dire che essere primi equivale ad avere un giudizio positivo da parte dell’utente. Un altro dogma è che chi visita il sito cercando la parola chiave collegata al prodotto venduto è sicuramente interessato o propenso all’acquisto. Benissimo, infatti le vendite degli ecommerce senza un minimo di Adwords non si incrementano mai in maniera rilevante. Eppure in tutto questo serpeggia una certa assenza del brand. Forse il social ha dischiuso un guscio che Google non è riuscito o non si è interessato di aprire, il guscio della brand awareness. Un motore che sputa risultati rispondendo a una query, può celare lo sforzo degli ingegneri di essere precisi, di fornire buoni link, ma resta freddo, distante di fronte a un semplice bottoncino che dice “I like”.

Per questo Google si trova forse di fronte a due vie: puntare su quello che ha, mantenendo il suo approccio ingegneristico per conquistare altri settori operativi (android,  google apps, la tv) oppure aprire la mente e guardare al social con un approccio nuovo, non clone-based come quello avuto fino ad ora. Insomma, quello che oggi mi aspetto da Google non è una rivoluzione vera e propria, ma una novità rispetto al resto del mondo internet. Che si tratti di social media o di engineering, serve qualcosa che mischi coraggio e fantasia. E’ vero che Big G cammina che sembra un uomo, ma in realtà ha solo dodici anni: diamogli fiducia, col tempo si farà.