Il Paradosso della Personalizzazione

Il Paradosso della Personalizzazione

Un’azienda può optare, come strategia di marketing, per un diverso grado di personalizzazione dei propri prodotti e/o delle iniziative promozionali. Il grado di personalizzazione del prodotto può essere da nullo (massificazione) fino a gradi estremi (si parla allora di marketing inverso). Allo stesso modo le campagne promozionali possono essere più o meno “cucite” sul cliente. Per poter operare una personalizzazione della campagna, si deve poter disporre di un profilo del cliente, realizzato sulla base di dati da lui forniti attraverso form o acquisiti nel corso di una transazione commerciale.

Ma come reagisce il cliente di fronte ad una proposta commerciale personalizzata? E’ sempre vantaggioso per un’azienda investire risorse e tempo per personalizzare le proprie campagne, in particolare nel web? Per rispondere a queste domande dobbiamo per prima cosa comprendere il cosiddetto “paradosso della personalizzazione”.

L’animo umano ospita al suo interno tendenze opposte che coesistono e che generano comportamenti contradditori. Le tendenze di cui parliamo a proposito del paradosso della personalizzazione sono le seguenti:
ricerca, affermazione e raffinamento di una identità personale e sociale;
ricerca di anonimato e tutela della privacy.

Ogni persona impiega grande cura e attenzione per costruirsi un propria identità personale e sociale e ciò avviene:

  • a un livello personale scegliendo gli abiti che indossa, gli accessori, gli strumenti tecnologici;
  • a un livello sociale scegliendo i locali che frequenta, i network, viaggi, gruppi;

Il marketing può venire incontro a questo bisogno fornendo strumenti adeguati e soluzioni “personalizzate”, ma il cliente deve sempre sentirsi interprete principale del processo d’acquisto.Si possono ottenere risultati negativi da una campagna promozionale per:

  • una eccessiva invasività nella raccolta di informazioni;
  • una mancanza di “tatto” nel proporre le soluzioni.

Nessuno ama essere messo sotto una lente e manipolato. Ed è proprio questo che sente il cliente quando la proposta commerciale non è realizzata in maniera propria. La mancanza di professionalità e di esperienza possono avere come risultato la realizzazione di campagne con elevata percentuale di clienti “non compliant”, ovvero che arrivano persino ad intraprendere forme di protesta organizzate nei riguardi dell’azienda promotrice.
Una buona campagna personalizzata dovrà suggerire le soluzioni al proprio cliente:

  1. offrendo sempre almeno 2 alternative (libertà di scelta);
  2. offrendo la possibilità di essere cancellato dai database (opzione di oblio);
  3. senza sottolineare la fonte dei dati ottenuti per il profilo (rispetto dell’anonimato)

Esempi concreti: Non è opportuno ricordare al cliente acquisti fatti in precedenza ma suggerire (come se fosse dovuto al caso) prodotti correlati a quelli acquistati in precedenza. Non è opportuno sottolineare (anche se il cliente lo sa perfettamente) che l’azienda dispone di un suo profilo, più o meno dettagliato, soprattutto in relazione a dati “sensibili” come preferenze e abitudini collegate al credo religioso o politico, appartenenza a gruppi associazioni. Nel caso sia necessario evidenziare la conoscenza dei dati personali (come un buono sconto in occasione del compleanno) queste iniziative andrebbero realizzate solo sui clienti storici e mai su clienti potenziali. Le aziende hanno imparato presto che la fidelizzazione del cliente gioca un ruolo chiave nelle strategie di marketing e la gestione dei dati personali diventa una affare delicato che va affidato a mani esperte per evitare incresciose e indesiderate “cadute di stile”. Potrebbe bastare una mail indirizzata a “Sig. Gigi Rossi” al posto di “Gent.mo Prof. Luigi Rossi” per mettere in discussione rapporto commerciale in fase di consolidamento. Quando si offrono servizi complessi piuttosto che beni di consumo il rapporto con il cliente si può approfondire nel tempo, tanto da consentire alle aziende di tracciare un profilo molto accurato del cliente. La persona deputata al front-office, che può assumere il ruolo di consulente, dovrà adottare molta cautela nell’ offrire al cliente quello di cui necessità senza evidenziare il lavoro di intelligence che precede il contatto. Il cliente preferisce pensare ad una “coincidenza” piuttosto che ad un uso deliberato, da parte dell’azienda fornitrice, dei propri dati personali.Preferisce pensare che il mondo si adatti miracolosamente alle sue esigenze piuttosto che ammettere di essere stato guidato a determinate scelte. Le aziende dovrebbero tenere presente che il cliente deve mantenere la centralità in ogni fase del processo d’acquisto. E’ questa la soluzione per risolvere il paradosso della personalizzazione: suggerire al cliente le proposte che più si adattano al suo profilo, senza sottolineare in alcun modo che ciò sia avvenuto in seguito ad un complesso processo di analisi delle sue abitudini e preferenze. Nel caso del web marketing si accetterà più volentieri una proposta commerciale interessante, ma che sembra arrivata per caso sul nostro desktop, piuttosto che un’altra altrettanto valida, ma con un riferimento preciso ad un nostro comportamento passato, anche se acquisito in maniera perfettamente lecita e consensuale. Nel caso del web-marketing, in particolare se one-to-one, la diffidenza del consumatore-navigatore è più alta rispetto a quella che si riscontra nel mondo reale a causa dello spamming e dell’aggressività di alcuni software che hanno potuto agire indisturbati in tempo in cui la giurisprudenza non aveva ancora chiarito le regole e limiti del consentito.In futuro riceveremo sempre meno posta indesiderata, ma dovremo abituarci a convivere con un sistema molto ben informato sui nostri gusti e preferenze.

Maurizio Salamone http://mauriziosalamone/blogspot.com/