[Casi reali] La diffusione delle bufale su Facebook e la disinformazione di massa

Tutti ci siamo cascati almeno una volta: quella notizia su Facebook ci sembrava così interessante ed eclatante da doverla condividere subito sulle nostre bacheche. E così, sfruttando gli umori degli utenti, le bufale viaggiano velocemente su Facebook creando disinformazione e danni alle persone. Due casi reali presi dal Social mostrano come, sia chi agisce in maniera strumentale che chi lo fa in buona fede, può contribuire alla diffusione di notizie false sul News Feed.

E’ bastato un post su Facebook per scatenare il panico in Italia!

Estate 2014. In piena stagione balneare, in un momento in cui i media ci bombardano di notizie sul rischio di diffusione dell’Ebola in Europa e sulla tragedia degli sbarchi in Italia, su Facebook inizia a circolare questo post che molti di voi avranno visto (e magari, in buona fede, condiviso):

sempio-post-bufala-su-facebook

Il messaggio è tanto chiaro quanto allarmante: a Lampedusa (in seguito ai continui sbarchi di profughi) sono stati accertati 3 casi di Ebola che fanno presagire il peggio, il rischio di epidemia globale.

Da qui succede l’impensabile. Il post genera in meno di 48 ore più di 27 mila condivisioni (spesso accompagnate da commenti tanto fantasiosi quanto preoccupanti) con una gravissima conseguenza. A Lampedusa (la cui economia si basa quasi totalmente sul turismo) iniziano ad arrivare centinaia di disdette alle strutture alberghiere, con un conseguente danno economico per l’isola che neanche la smentita della notizia da parte del governo ha potuto evitare.

Scatta così un’indagine della polizia postale che in poche ore riesce ad individuare e fermare l’autore del post. Si tratta di un uomo con precedenti di xenofobia che viene fermato e denunciato e al quale Federalberghi Lampedusa e Linosa chiede un risarcimento danni pari a 10 milioni di euro.

Questa la breve cronaca di uno dei casi di diffusione di notizie false sui social più eclatanti dell’ultimo anno. Un caso che purtroppo non è servito da esempio a chi, giornalmente, crea e diffonde bufale che diventano virali sui Social (a volte in maniera strumentale) alimentando la disinformazione e creando spesso danni di varia natura agli sfortunati “protagonisti” dei post.

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Ci capita così di leggere della morte di questo o di quell’altro personaggio famoso, di una legge votata in parlamento (di cui però non si trova traccia nei documenti ufficiali), per poi imbatterci in centinaia di post su salute e benessere (il limone cura i tumori? L’olio di palma provoca problemi cardiovascolari?), fino a scovare notizie che ci fanno sorridere (vedi il caso della mummia egizia con la protesi metallica).

La disinformazione cresce così, seguendo i ritmi frenetici dei Social, nonostante Facebook abbia tentato di arginare il fenomeno lanciando qualche mese fa uno speciale filtro per limitare le notizie false sul News Feed ma che, essendo gestito in prima persona dagli utenti, in molti casi lascia il tempo che trova.

C’è poi chi vuole dimostrare la facilità con cui si crea una bufala su Facebook…e crea a sua volta disinformazione!

Proprio ieri ci siamo imbattuti in questo post che riporta una notizia riguardante la città di Catania:

Esempio-di-post-bufala-facebook

Il post ha suscitato la reazione indignata di molti utenti (soprattutto cittadini catanesi) che nell’arco di meno di 24 ore hanno condiviso il post più di 500 volte lamentando l’inefficenza e le contraddizioni di un sistema che, mentre punisce chi fa arte in strada, resta immobile di fronte all’illegalità che dilaga.

Ma 24 ore dopo l’autore del post vuole dare un insegnamento agli utenti di Facebook poco accorti…

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Leggendo il post di smentita della notizia facciamo alcune considerazioni:

>> La velocità con cui viaggia un post su Facebook richiederebbe maggiore prudenza da parte di chi decide di condividere un contenuto. E’ sempre opportuno ricercare la fonte della notizia e accertarsi che sia attendibile e quando questo è impossibile da fare, è sempre meglio evitare di condividere notizie di cui non conosciamo la fondatezza (e che spesso pubblichiamo “di pancia” mossi dall’adesione ad una determinata idea).

>> E’ vero: è facile creare una bufala su Facebook e farla diventare virale. Basta individuare un tema “caldo” (politica, religione, salute la fanno da padrone su Facebook…) scegliere una foto d’impatto o significativa, usare un testo enfatico e coinvolgente. In pochi minuti puoi confezionare una vera e propria “bomba” che potrebbe portare a delle conseguenze negative su diversi piani (disinformazione, danni alle persone, …).

>> Meglio evitare “esperimenti” come quello citato sopra. Partendo dal presupposto che l’autore del post abbia agito in buona fede, volendo dare un giusto insegnamento agli utenti di Facebook dalla condivisione facile, ha comunque creato disinformazione. Non disponendo di strumenti e visibilità tali da diffondere la smentita della notizia ad ampio raggio, ha contribuito alla diffusione di una notizia falsa che, proprio ora, nel momento in cui scriviamo, continua ad essere condivisa da decine di persone indignate.