La vicenda di Facebook, che ha assoldato l’agenzia Burson-Marsteller per denigrare Google sta facendo il giro del web. Noto che le discussioni in Italia si concentrano sui due colossi, lasciando da parte il terzo soggetto, l’agenzia di PR, ed il quarto, il blogger che nel caso specifico, alla richiesta di pubblicare un articolo con un preciso brief al negativo, ha reso pubblica la subdola strategia.Ne approfitto dunque per una breve riflessione generale su questi due ultimi attori, blogger e agenzie di PR on line, indipendentemente dallo scontro in corso tra Facebook e Google.
L’agenzia di PR on line
L’agenzia di PR on line non può limitarsi ad eseguire operativamente le richieste del cliente, ad abbassare il capo e svolgere semplicemente l’attività secondo i criteri dettati da esigenze che restano spesso incrostazioni di comunicazioni off line tradizionali. L’agenzia deve invece avere un ruolo di consulenza che semplifichi e chiarifichi tutti i tipi di problematica possibile per prevenire le difficoltà che possono sorgere lungo il percorso.
Il ruolo di consulenza deve estendersi fino a guidare il cliente che proponga metodi negativi, come fake o denigrazioni della concorrenza, a ragionare in termini di dialogo corretto, trasparente e positivo. Per esperienza, so che non è facile: anche il più puro degli eroi ha le sue macchie. Ma la prima relazione da attuare è quella col cliente: solo con un ragionamento, con una discussione comune si può portare il cliente sulla strada migliore.
Un’agenzia di PR che non comunica nella maniere giusta col cliente, ma ne riceve solo ordini, può avere forse qualche possibilità off line, dove la comunicazione si cristallizza più facilmente. On line le dinamiche sono molto più liquide: il cliente va abituato ad affrontare le onde variabili delle opinioni. Non è facile, ci si scontra con problemi di comunicazione ufficiale, ma con un po’ di lavoro di cesello si insegna ed impara da entrambe le parti. E quando, come condizione preliminare, tra i due attori principali si instaura una relazione sincera, anche la comunicazione con gli altri soggetti, le migliaia di protagonisti dei social media, diventa più facile e corretta e, perché no, bella e fruttuosa.
Il blogger pagato
Io sto da una parte e dall’altra della barricata, nel senso che a volte pago i blogger e a volte sono pagato per scrivere post seguendo un brief. Non sono puritano come altri colleghi sul tema. Resto però del parere che si debba scrivere con coscienza e accettare solo quei brief che possono interessare e sui quali si ha competenza. Per il resto, la più grande tentazione del blogger è l’autoincensazione, la proiezione fumosa dell’autostima.
A volte nei post sponsorizzati vedo esagerate tendenze al positivo, altre volte semplici copie del brief, altre volte ancora post negativi solo per compiacersi di andare controtendenza. Raramente vedo equilibrio. Forse perché il blogger tende a scrivere per sé mentre anche un post sponsorizzato dovrebbe essere un servizio che stiamo facendo a chi ci legge e magari si fida di noi. E’ questa la vera etica social, la sincerità è solo una conseguenza stretta.